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Ventesima edizione del Festival del cinema africano, d'Asia e d'America Latina (Milan)
critique
rédigé par Thierno Ibrahima Dia
publié le 13/04/2010
Daniela Ricci
Daniela Ricci

FESTIVAL DEL CINEMA AFRICANO, D'ASIA E D'AMERICA LATINA DI MILANO
alla sua 20esima edizione


Dal 15 al 21 marzo 2010 si è svolta a Milano la ventesima edizione del Festival del cinema africano, che negli ultimi anni è diventato anche d'Asia e d'America Latina. Diverse sezioni comprendono tutti i film in programma: Concorso Lungometraggi, finestre sul mondo; Concorso documentari, finestre sul mondo; Concorso per il miglior film africano; Concorso cortometraggi africani; fuori concorso; fuori concorso- Extr'A- Forget Africa (in collaborazione con il Festival di Rotterdam) e ancora le sezioni speciali: Africa nel pallone; 20 anni di Festival (con alcuni film vincitori nelle passate edizioni).

La ventesima edizione mostra tutta la vitalità, con un'équipe dinamica e conviviale che ama il cinema. Una sezione speciale celebra i suoi 20 anni con 6 film come le diverse parti che compongono l'Africa (Ovest, Est, Centro, Nord, Sud e Diaspora).
In effetti in programma ci sono due film dell'Africa occidentale: Sango Malo (Cameroun, 1991) di Émile Bassek Ba Kobhio et Pièces d'identités (Congo RDC/Belgique, 1998) di Mweze Dieudonné Ngangura. Bassek Ba Kobhio adatta il suo romanzo eponimo in cui un giovane maestro di scuola ha idee giudicate sovversive dalla sua gerarchia, mentre Mweze Ngangura segue le delusioni del re Mani Kongo in Belgio.
Les Silences du Palais (Tunisia, 1994) rappresenta magnificamente il Nord Africa, tanto il film di Moufida Tatli è pungente e di una sublime bellezza, complice l'ammaliante musica di Anouar Brahem. La regista tunisina firma così un film sena fioriture che può far parte dei più grandi film della cinematografia mondiale.
Quando il Burkina Faso e l'Africa in generale avevano appena perso (nel 1987) uno dei suoi dirigenti che ha onorato il rispetto della funzione pubblica (servire il popolo e non servirsi del popolo), Idrissa Ouédraogo firma Tilaï (Burkina Faso, 1990). Il tradimento famigliare, la fedeltà dei sentimenti, fanno da trama a questa storia luminosa e infiocchettata con grazia. Di ritorno dal suo viaggio, Saga trova il padre a letto con la giovane sua promessa sposa. Il padre malvagio non è tuttavia riuscito a conquistare il cuore di Ngoma che è ancora innamorata del suo magnifico cacciatore. Erige il suo figlio maggiore come rivale del fratello minore, che si fa assassino con la complicità del villaggio.
Mentre Teza (Etiopia 2008) -che è valso ad Haile Gerima una valanga di premi- è uscito nelle sale europee, qui viene presentato Sankofa (1993, Etiopia/USA), vincitore del premio per il miglior lungometraggio nel 1993 in questo stesso Festival. Il geniale regista affronta il suo tema preferito: la storia.
Stabilitosi negli Stati Uniti dal 1972, Haile Gerima è finito tra le fila dei registi africani americani. Al contrario Raoul Peck, haitiano di origine - che da giovane ha vissuto in Zaire (oggi Congo RDC) e che ha realizzato due film su Patrice Lumumba- è finito anche tra le fila dei registi africani. L'homme sur les quais (Haïti, 1993), vincitore della 14esima edizione di questo Festival, ci ricorda che ciò che anima Raoul Peck è dimostrare le dinamiche dei poteri (politici o giudiziari) e le loro derive, quando manca una sana opposizione.

La sezione l'Africa nel pallone ci riporta alla coppa del mondo di calcio che nel mese di giugno si svolgerà per la prima volta in territorio africano, in Sudafrica: a Milano, nel regno del calcio, il cinema non avrebbe potuto dimenticarlo.
Punta di diamante Le Ballon d'or (Cheick Doukouré, Guinea/Francia, 1992). Questo film che ha fatto registrare centinaia di migliaia di spettatori in Francia, disegna il ritratto del calciatore Salif Keita, una delle antiche glorie del club del Saint-Étienne, attraverso il percorso del piccolo Bandian. Tra i film attesi Fahrenheit 2010 (Craig Tanner, Australia, Sudafrica, 2009), Entre la coupe et l'élection (documentario di Monique Phoba e Guy Kabeya sull selezione congolese alla Coppa del Mondo del 1974), Il mercato della coppa d'Africa (Corrado Zunino, Italia, 2008) e More Than Just a Game (Junaid Ahmed, Sudafrica, 2007). Quest'ultimo è un racconto sulla squadra di calcio dei prigionieri politici di Robben Island (prigione che ha visto tra i suoi detenuti anche Nelson Mandela). Anthony Suze, protagonista del film con altri militanti, ha partecipato alla tavola rotonda "2010 Primo Mondiale in Africa: racconti di calcio" che si è tenuta giovedì 18 marzo allo spazio Oberdam e a due incontri alla libreria Feltrinelli, di cui uno per gli studenti.
(n.t.d.: Antony Suze, un pezzo di storia in carne ed ossa, presenza importante in questo Festival, è riuscito a penetrare il cuore dei giovani, e non solo per quei palleggi dal vivo regalati dentro la sala cinematografica!)

La sezione Forget Africa è stata programmata in collaborazione con il Festival di Rotterdam (Olanda), che quest'anno ha voluto, inserire questo originale progetto. E' presente a Milano anche la curatrice olandese Inge de Leeuw.
Forget Africa ha portato registi di varie nazionalità non africane (Stati Uniti, Filippine, Malesia, Singapore, Olanda, Indonesia, Austria, Cina, Germania e Tailandia), in diversi paesi in Africa (Congo, Cameroun, Tanzania, Uganda, Kenya, Malawi, Mozambico, Rwanda, Sudafrica, Zambia), a lavorare per un periodo con i registi del posto. Ne sono nati altrettanti film, di diversa natura e lunghezza (corto, medio, lungometraggi).
(n.d.t.: L'idea del titolo riporta a dimenticare l'Africa degli stereotipi, degli immaginari comuni, per cercare di vedere davvero le diverse realtà.)

L'Africa fa da padrone di casa, ma l'Asia e l'America Latina non sono da meno. Nella competizione "Lungometraggi Finestre sul Mondo" Mansour Sora Wade (Les feux de Mansaré, Sénégal), Raja Amari (Dowaha, Tunisia), Nassim Amaouche (Adieu Gary, Algeria/Francia) se la vedono con Buddhadeb Dasgupta (Janala, India), Gabriela David (La mosca en la ceniza, Argentina) et Rigoberto Perezcano (Norteado, Messico/Spagna), Mostofa Sarwar Farroki (Third Person Singular Number, Bangladesh) et Ounie Lecomte (Une vie toute neuve, Corea del Sud/Francia). A cui si aggiunge Raoul Peck che concorre con l'atteso Moloch Tropical (Haïti/Francia), oltre a Sometimes in April (2005), il suo film Lumumba (2000) rimane negli annali.
Questi tre lungometraggi africani partecipano anche alla sezione in concorso Miglior Film Africano.

Ritroviamo documentari e cortommetraggi nelle sezioni a loro dedicate. Mati Diop, figlia del grande compositore senelagese Wasis Diop (nonché nipote del mitico regista Djibril Diop Mambéty) ci porta il suo cortometraggio Atlantiques. Premiata alla decima edizione di SONGES D'UNE NUIT DV dovrà vedersela con Foued Mansour, autore di La raison de l'autre, esempio di grande maestria tecnica al servizio di una storia toccante sulla dignità umana. Senza dimenticare Un transport en commun (Saint-Louis Blues) della sua compatriota Dyana Gaye di cui Azzedine Mabrouki ha scritto su Africiné [De Dakar à Lisbonne via Kigali...] quanto di meglio.

Il film di apertura (Precious), pur non essendo d'Africa, d'Asia o d'America Latina, trova il suo posto in questo Festival. Realizzato dal regista americano di origine africana Lee Daniels, la protagonista è Gabourey Sidibé (di madre afroamericana e padre senegalese)".

Thierno I. Dia
Traduzione di Daniela Ricci

Melisandra (original paper): www.melisandra.org/wordpress/wp-content/uploads/2010/03/festival-cinema-africano-2010.pdf

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